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Case Tradizionali “Medda” e “Podda”
Le case Medda e Podda rappresentano la tradizionale tipologia della casa “a corte”, che compone il paesaggio urbano della pianura campidanese, testimoniando il ruolo di importante distretto agrario di Villasor. La casa “a corte” ha un unico ingresso che si apre sulla strada e porta a un ampio cortile di forma quadrangolare che è il cuore della casa. Su questo spazio vuoto si affacciano tutti i fabbricati che le appartengono: loggiati rustici per animali o attrezzi, granaio, magazzini e depositi, stalle e alcuni elementi caratteristici come il forno e il pozzo. Fra la corte e la casa è interposto spesso un loggiato, chiamato sa lolla, formato da un tetto sostenuto da pilastri di legno o mattoni, considerata come una vera e propria stanza della casa che funge da sala da pranzo nella mezza stagione e sede dei lavori domestici con attrezzatura e vasellame appesi al muro. La casa a corte, definita anche anche casa-fattoria, realizza così una sintesi perfetta tra lo spazio del lavoro e lo spazio dell’abitare. Gli edifici sono circondati da alti muri di terra cruda che li recintano, quasi li nascondono, e la casa comunica con l’esterno solo attraverso il portale. L’area delle abitazioni a corte in Sardegna coincide con l’area di utilizzo della terra cruda, il ladíri, il mattone ottenuto dall’essiccazione di un impasto di terra e paglia che si diversifica per composizione e colore in relazione alle zone. Per produrlo si faceva un mucchio di terra di forma piramidale; si eseguivano nel mucchio dei fori in cui veniva inserita dell’acqua e si lasciava riposare il tutto per una notte; si impastava il fango così ottenuto con la paglia di grano; l’impasto (sciòfa o impastu) veniva poi disteso (su sterri); si recuperava l’impasto necessario per la realizzazione di un mattone con un utensile chiamato ciffu; si inseriva il materiale all’interno de su sestu, la formella a base rettangolare priva delle basi realizzata in legno e dotata di manici in pelle o in legno – is manigas – per afferrare la forma e sollevarla a rasatura ultimata; si lasciava asciugare il ladíri per qualche ora quindi si toglieva il mattone solidificato. A tutela di tale tecnica costruttiva, Villasor aderisce all’Associazione Città della Terra Cruda e promuove iniziative volte a valorizzare e diffondere la cultura del recupero delle antiche abitazioni in terra cruda e dei materiali naturali ed ecologici.
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Introduzione
Villasor nella storia.
Villasor, Bidd’e Sorris in sardo, a venticinque chilometri da Cagliari, con i suoi quasi settemila abitanti, si adagia sulla fertile pianura del Campidano meridionale irrorata dal Flumini Mannu e altri torrenti che ne hanno favorito l’agricoltura sin da epoca romana, alla quale risalgono necropoli, resti di un ponte e di insediamenti vicino alla sorgente termale di s’Acqua Cotta.
Il territorio dell’attuale comune di Villasor è stato abitato fin da epoca antichissima, come testimoniano le numerose tracce nuragiche presenti; di particolare rilievo, i resti del complesso nuragico noto come Su Sonadori, rinvenuto nel 1994.
In epoca romana, il territorio del paese, fu sfruttato per le colture cerealicole; tutta la Sardegna del resto, divenne il granaio della capitale. Non a caso si ritiene che il nome di Sorres - Villa di Sorres, da cui l’attuale Villasor - possa derivare dal latino horreum che sta per granaio, passando per il sardo bidd’e s’orris, paese dalla grande produzione di grano. Sono numerosi i reperti archeologici di questo periodo: tombe, suppellettili domestiche, oggetti di ornamento, così come capitelli, resti di colonne, cippi funerari. Nei secoli successivi alla caduta dell’impero romano non si hanno tante notizie di Villasor e dei villaggi vicini; quasi certamente la sua prosperità si mantenne in epoca bizantina.
Tra il IX e il XV secolo, la Sardegna era divisa in quattro stati autonomi: i Giudicati.
Villasor faceva parte del Giudicato di Cagliari e precisamente della circoscrizione amministrativa (detta Curatoria o Parte) chiamata Gippi (o Ippis). Dopo la caduta del Giudicato di Cagliari, le curatorie di Trexenta e Ippis vennero assegnate nel 1326 ai pisani conti della Gherardesca. Sotto i pisani il paese prosperò, ma verso la fine del Trecento cominciò il suo declino. Poco tempo dopo il territorio cadde in mano degli arborensi (eredi del Giudicato di Arborea, unico sopravvissuto dei quattro Giudicati). Arborea e Aragona lottarono a lungo, tanto che il territorio di Villasor subì un rapido processo di spopolamento: la maggior parte dei villaggi che lo componevano sparirono.
La sua rinascita può datarsi nel 1414, quando per volere del re Alfonso d’Aragona, il territorio dell’intera Curatoria di Parte Ippis fu concesso in feudo al catalano Giovanni Siviller, doganiere del Castello di Cagliari e procuratore reale. Il tentativo di ripopolare il villaggio di Sorres, quasi completamente abbandonato in seguito a pestilenze, carestie e scontri armati, provocò la reazione violenta dei pastori. Forse per questo, nel 1415, Siviller chiese all’allora arcivescovo di Cagliari Pietro Spinola l’autorizzazione a costruire una fortezza su un’area di proprietà della Diocesi di Cagliari, in prossimità dell’antica parrocchiale di Santa Maria, sita nei pressi della strada reale demolita a metà Ottocento. La nuova fortezza, il Castello o “Casa-forte” Siviller, doveva garantire la difesa degli abitanti dalle incursioni barbaricine, nonché da eventuali battaglie tra l’esercito aragonese e quello del giudicato d’Arborea. Inoltre, in ottemperanza a quanto previsto nell’atto di infeudazione, ospitava la residenza del feudatario. Da quando divenne feudo, Villasor cominciò a rappresentare un punto di attrazione, ingrandendosi e prosperando. Il feudo fu tra i più ricchi della Sardegna fino a divenire, nel 1594, marchesato con Filippo II, il primo marchese fu Giacomo II Alagón. Il marchesato restò tale fino al 1839, anno di abolizione del feudalesimo, e Villasor divenne un comune autonomo.
Il forte legame storico culturale che lega Villasor al comune aragonese di Alagón, a pochi chilometri da Saragozza, è alla base del Patto di Gemellaggio Istituzionale Europeo siglato tra i due Paesi nel 28 luglio 2018, durante il Consiglio comunale svoltosi proprio nella corte del Castello Siviller.
Il Paese moderno.
Il centro crebbe di importanza con la costruzione del tronco ferroviario Cagliari – Villasor, inaugurato nel 1871. Villasor è anche nota per lo stabilimento dello zuccherificio, inaugurato nell'estate del 1960, che ne ha fatto uno dei più importanti centri di coltivazione e trasformazione della barbabietola da zucchero a livello isolano e nazionale. Per anni, lo zuccherificio rappresentò un simbolo del miracolo economico di Villasor, ma dopo decenni di esercizio, fu definitivamente dismesso nel 2005 anche a causa del graduale abbandono della coltivazione della barbabietola da zucchero.
Da sempre conosciuta per le colture cerealicole e per una discreta produzione vitivinicola, grazie alla fertilità dei suoi terreni, la campagna sorrese è oggi celebre per il suo prodotto simbolo: il carciofo, in particolare per lo spinoso sardo, coltivazione di antica tradizione in Sardegna. Testimonianze scritte della sua presenza sono riscontrabili nel trattato “Agricoltura di Sardegna” del sassarese Don Andrea Manca dell’Arca, pubblicato nel 1780, che riporta: “sono i cardi e i carciofi grati allo stomaco, onde si reputa il cardo una delle piante più utili dell’orto. In Sardegna è l’essere cardo la pianta e il carciofo fiore e frutto che ella produce”. Tuttavia, la coltivazione vera e propria si può datare intorno al 1920 soprattutto nelle zone costiere della provincia di Sassari e di Cagliari, la cui presenza di porti favoriva i collegamenti ed i commerci con la penisola. I produttori agricoli locali hanno creato forme di cooperazione per la sua commercializzazione. Nel 1961, su iniziativa di un gruppo di agricoltori, nasceva a Villasor la “Cooperativa Agricola Ortofrutticola Villasor”, oggi una delle realtà più importanti della Sardegna nel settore ortofrutticolo.
Tradizionalmente la coltura veniva condotta seguendo il ciclo naturale della pianta; ma una svolta importante fu l'individuazione di un ecotipo che consentiva di ottenere produzioni anticipate in autunno. Successivamente gli agricoltori hanno migliorato questo ecotipo da cui è derivato l'attuale Spinoso sardo, un vero e proprio prodotto d’eccellenza di cui Villasor è considerato tra i maggiori paesi produttori nell’isola. Per tale motivo, si punta a far divenire la Festa del Carciofo, di recente istituzione nel 2018, un appuntamento annuale dell’agenda agroalimentare ed enogastronomica regionale volta a valorizzare questa particolare specie di carciofo. La manifestazione si tiene nel periodo autunnale, il primo fine settimana di dicembre, nelle vie del centro storico e coinvolge tutte le realtà produttive locali, le associazioni culturali, gli artisti e i cittadini.
La tradizione agricola è tanto radicata nell'assetto sociale e culturale del paese che ne caratterizza da sempre il culto per Sant'Isidoro, santo canonizzato nel 1622, considerato patrono degli agricoltori in tanti paesi a vocazione agricola della Sardegna. Lo stesso Isidoro, patrono di Madrid, nella sua vita fu un contadino. La festa si tiene il 15 maggio con una grande processione e sfilata dei gruppi folk e dei buoi bardati a festa che idealmente rappresentano l'orgoglio contadino. Oltre al patrono San Biagio, Sant'Isidoro, Sant'antioco e Santa Vitalia, sono le feste più sentite del paese.
Architettura.
Percorrendo la strada che va dal Castello alla piazza del Comune, si percorre il cammino storico del paese. Il Castello Siviller è oggi dislocato in posizione pressoché baricentrica rispetto al centro di Villasor, in prossimità della Piazza Matteotti con il palazzo del Comune del 1934. Sul complesso delle piazze principali, si affaccia la Chiesa parrocchiale, risalente alla prima metà del XV secolo, edificata completamente nella prima metà del XVI secolo, in stile gotico-aragonese. La chiesa è dedicata a San Biagio, Santo Vescovo Patrono di Villasor, i cui festeggiamenti religiosi hanno luogo il 3 febbraio. Egli è invocato per i disturbi della gola perché salvò un ragazzo cui si era conficcata una lisca di pesce nella trachea. A questo miracolo allude il rito tradizionale della benedizione dei ceri incrociati sulla gola dei fedeli durante la sua festa.
Castello, Parrocchia e Palazzo del Comune, simboli del potere laico, religioso e politico, hanno costituito il polo centrale di aggregazione, attorno al quale si è sviluppato il centro del paese.
Uno dei luoghi più significativi per l’identità del centro storico di Villasor è il complesso formato dalla Chiesa di Sant’Antioco e dal Convento dei Cappuccini: grande fu il concorso di folla quando, ne dicembre 1629, si pose la prima pietra per la sua costruzione, ultimata grazie alle offerte della popolazione, a testimonianza di un forte legame tra il Paese e l’Ordine. La Chiesa, adiacente all’Ex Convento, dei primissimi anni del XVII sec., è intitolata a Sant’Antioco, festeggiato con particolare devozione a Villasor e invocato dai contadini nei periodi di siccità per avere l’acqua nelle campagne. La festa si celebra quindici giorni dopo la Pasqua con la processione dei fedeli. Essa è ancora oggi molto sentita nel Paese, specie per gli abitanti del rione che amano dichiararsi con orgoglio Is Guventaiusu.
Il centro storico di Villasor è ricco di case in terra cruda, costruite cioè con mattoni in ladíri, l’argilla di cui è ricca la piana del Campidano. Materiali e costruzioni molto diffuse tanto tra le umili famiglie dei contadini quanto tra quelle dei benestanti proprietari terrieri, diversificate per dimensioni, fattezze e decorazioni, oggi riaffiorano nel centro storico grazie ad una ritrovata sensibilità verso queste tecniche edilizie e ad un’attenta attività di recupero. Il Comune di Villasor, aderente all’Associazione Internazionale Città della Terra Cruda, si fa promotore periodicamente di iniziative che coinvolgono studiosi ed esperti di livello internazionale, con l’obiettivo di valorizzare il patrimonio edilizio in ladiri. Con l’acquisizione da parte del Comune ed il restauro delle case campidanesi Casa Medda e Casa Podda, ubicate nella Piazza dell’Ex Convento, si è inteso restituire alla cittadinanza uno spazio identitario incluso nei servizi turistico-culturali del paese.
Lasciando Villasor in direzione Villacidro, si può ammirare la piccola Chiesa campestre di fine '800 dedicata a Santa Vitalia, martire venerata in diversi centri del Campidano, che ha dato il nome all’omonimo rione.
Qualche chilometro più avanti, sulla Strada Statale 196, si estende l’area verde di Su Pardu, che prende il nome dalle sue antiche sorgenti d’acqua e rappresenta il più grande parco comunale tra i due presenti nel paese (il secondo, il Parco e Centro sportivo Is Arenas, si trova nell’altro ingresso del paese, in località nota come S’Isca). L’area vanta una superficie di oltre dieci ettari boschivi fruibili da parte delle famiglie e degli sportivi, attraverso moderni arredi e attrezzature, con accesso garantito durante tutto il giorno. Proseguendo sulla stessa strada, al bivio della cantoniera di S'Acqua Cotta, al limite tra la piana e le prime propaggini del massiccio di Monte Linas, vi è una sorgente tra le più antiche del Campidano. Già migliaia di anni fa, le popolazioni nomadi beneficiavano degli effetti di quest'acqua durante la transumanza. Essa è un'acqua termale che sgorga a una temperatura di circa 46 gradi, poiché a poco più di mille metri sotto il livello del mare alcuni serbatoi vulcanici emettono gas e vapori che la mineralizzano. Svoltando verso Vallermosa, si costeggia sulla destra la bassa collina su cui sorge il complesso nuragico Su Sonadori, la maggiore testimonianza nuragica di un antico insediamento databile tra bronzo medio e recente. L'edificio sorge su uno sperone roccioso, al centro di una conca alluvionale attorniata da basse colline . Il sito è stato interessato da cinque campagne di scavo tra il 1994 e il 2000 che ne hanno fatto riaffiorare il complesso, costituito da un mastio, un corpo esagonale formato da sei edifici autonomi, diversi per forma e dimensione, collegati da cortine murarie.
Mangiare e Dormire
DOVE DORMIRE
B&B Domu Mena
Via G. Verdi, 3
Chiama ora - tel. 3474673661
Sito Web: www.booking.com
DOVE MANGIARE
The Alexander - Ristorante Tavola calda
Via F. Serra, 17
Chiama ora - tel. 3293722723
Su Stabi - Ristorante Pizzeria
Viale Repubblica, 15
Chiama ora - tel. 0707539573
New Reset La Piazzetta - Pizza e Brace - Ristorante Pizzeria Caffetteria
Piazza Matteotti, 8
Chiama ora - tel. 0706498930
XÓ Cafè - Pub Tavola Calda
Via Cagliari, 97
Chiama ora - tel. 393 0288042
Civico 82 Panifici Bandinu - Caffetteria Panetteria
Via Cagliari, 82
Chiama ora - tel. 0700989188
Pizzeria Paninoteca Il Castello
Via Sivilleri, 2
Chiama ora - tel. 3450703513
La Combriccola - Pizzeria
Viale Repubblica, 36
Chiama ora - tel. 3393061966
Da Pierlu - Pizzeria
Piazza Matteotti
Chiama ora - tel. 3500209089
Zacca e Poni - Pizzeria
Via F. Serra, 37
Chiama ora - tel. 3467124362
La Perla - Caffetteria
Via F. Serra, 25
Chiama ora - tel. 0704597135
Caprice Café - Caffetteria
Via Cagliari, 32
Chiama ora - tel. 3663154164
Crema&Cioccolato - Caffetteria Gelateria
Via Roma, 19
Chiama ora - tel. 3391730239
Moulin Rouge - Caffeteria
Via San Sperate
Lussy Bar Caffetteria
Via Matta, 2
Montegranatico Café
Via Roma, 29
Pizza Time
Via Cagliari, 91

Progetto del Comune di Villasor 2019
Coordinamento testi Dott.ssa Colette Podda
Testi di F. Virdis, Arte e Architettura civile e religiosa a Villasor, e Santa Vitalia a Villasor. Il fascino di un culto. Villasor.
Fotografie di Ignazio Virdis.