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Le stanze baronali e gli ingrottati

  

Questa parte del castello fu adibita a dimora alla fine del Cinquecento, ad opera della famiglia Natoli, che sancì formalmente la nascita di Sperlinga come centro abitato, grazie nalla licentia populandi ottenuta da Giovanni Forte Natoli. Da qui si accede a degli ingrottati, utilizzati per lungo tempo come magazzini. Tuttavia la loro origine è legata ai culti religiosi che si svolgevano nel sito. La grotta detta “dell’orologio” mostra una serie di dodici nicchie votive che, secondo recenti studi di archeoastronomia, sarebbero legati al culto solare: il foro sommitale infatti intercetta la luce solare indirizzandola nelle dodici nicchie. Il fenomeno non è più visibile, a causa della costruzione successiva degli ambienti del castello normanno.

Usciti dalla chiesetta, si può entrare in un ambiente attiguo che doveva essere un luogo adibito a cucina, infatti si notano i resti di due forni tradizionali con mattoni di terracotta e le cucine a legna e a carbone. Continuando si giunge in ambienti, abbastanza capienti, che dovevano essere le abitazioni dei castellani e gli uffici del Capitano, del Governatore e di altre cariche che sovrintendevano è gestivano l’intero “Stato di Sperlinga” abbastanza ampio e redditizio, costituito dal 11 feudi per circa 60 kilometri quadrati. Nella parte Ovest del castello quasi tutta la parte fabbricata, oggi non esiste più perché nel 1914 è stata demolita dai proprietari di allora perché era fatiscente. Questi ambienti formati da 3 stanze e una quarta non fruibile sono utilizzati per esposizioni di foto relative al castello e al suo territorio. Da una porticina si può accedere nel soprastante terrazzo e godere una bella vista. A sud si può vedere il Bosco di Sperlinga, raro esempio di bosco naturale, a quercete di circa 600 ettari, sul quale, fino al 1825, erano legati gli Usi Civici degli abitanti locali.
Dalla prima stanza, tramite una scala si accede agli ipogei sottostante, costituiti da cinque ambienti, con piano di calpestio concavo, tranne nel primo e nell’ultimo. La prima stanza di forma circolare, presenta nelle parete sei copie di nicchie, la distanza tra una copia e la successiva aumenta in senso orario. Probabilmente in tempi anteriori ai Normanni era un orologio solare i cui raggi del solo potevano entrare da un’apertura nella parte soprastante, quando ancora la porzione fabbricata non esisteva.
Le altre stanze, escludendo l’uso abitativo, erano dei magazzini per granaglie e vettovaglie; interessante una canaletta nella quarta stanza che la collega con un ambiente parecchi metri sottostante, fuori dal castello vero e proprio, dove doveva esistere un mulino a trazione animale.

Il castello divenne proprietà comunale nel 1973 quando i legittimi proprietari lo donarono al Comune di Sperlinga, con un atto di compravendita per la somma simbolica di mille lire. Da allora tutte le Amministrazioni Comunali che si sono succedute hanno ottenuto fondi regionali per renderlo fruibile ai numerosi visitatori cha dal oltre quarant’anni vengono a Sperlinga.
La Piazza antistante al castello è il sito dove si svolgono importanti manifestazioni turistiche, in particolare la Sagra del Tortone e la Dama dei Castelli di Sicilia entrambi ricadono ogni anno il 16 Agosto in epoca pre pandemia.

Il quartiere della Valle

Ai piedi del castello, nella parte ovest del paese, sorge il nucleo del borgo medievale del paese: il quartiere della Valle. In esso si raccoglievano le abitazioni e le botteghe che trovavano spazio all’interno delle mura.

Una poesia di Stefano Vespo dedicata al castello, tratta dalla raccolta Il sorriso della chiusa mandorla, raccolta finalista del premio Città di Marineo 2020.

La roccia

Chiara e inconcepibile
grava sulla vita di queste case.

I segni erosi di civiltà febbrili
confondono guerre e conquiste
con acqua e sabbia.

Fossili colonne vertebrali,
pallidi licheni increspati
sopra il suo altare,
levigato come una guancia
dall’aria.

Sul suo dorso
i gradini si cancellano
la sua lingua scivola
nel balbettio selvaggio.

Appena il brusio ne ricordano
lontanissimi boschi.

(Stefano Vespo, Il sorriso della chiusa mandorla, ed. La Vita Felice, Milano, 2020)

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