Vi sono luoghi che offrono alchimie speciali, sapori che rendono memorabile l’esperienza della visita. Il borgo di Sava ha scelto la dolcezza. Si tratta del gusto della sapa, la glassa ricavata dall’uva surmatura e cosparsa con generosità sui mostaccioli prodotti localmente. Forse è questa l’origine del nome di Sava; o, magari, un riferimento al popolo tracio-illirico dei Sapei. Spesso i confini tra storia e leggenda sono vaporosi, come i fumi inebrianti del vincotto. Sava è anzi un paese che non sembra proprio contemplare limiti; e, se li ha, li lascia sublimare. Persino il confine tra Cielo e terra è labile: la Madonna non si fa scrupolo di intervenire quaggiù per liberare uno schiavo che la invocava; o di salvare il paese da una tromba d’aria. Confini non chiari, come quello tracciato dal Limitone dei Greci, una imponente muraglia a secco che sorge tra le contrade Agliano e Camarda. Una demarcazione già esistente in antichità, tra la greca città di Taranto e la terra dei Messapi? O uno spartiacque medievale tra i dominii longobardi e la Puglia bizantina? Sava ama tenerci in sospeso sopra tutti questi limiti: ne rimpiazza la nitida durezza con quella dolcezza soffusa che le riesce così naturale.