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Necropoli del Crocefisso del Tufo

  

Scoperta nell’Ottocento, rappresenta un documento straordinario della storia e della cultura etrusca. La sua visita trova essenziale complemento in quella del Museo Archeologico Nazionale e del Museo Claudio Faina di Orvieto, che ne custodiscono numerosi reperti, soprattutto i ricchi corredi ceramici.

Conosciuta come la “città dei morti”, la Necropoli del Crocefisso del Tufo prende il nome da un crocifisso realizzato nel tufo che si trova all’interno di una deliziosa e suggestiva chiesa rupestre raggiungibile dal percorso dell’Anello della Rupe. Nell’area archeologica posta ai piedi della rupe di Orvieto, sono presenti oltre 200 tombe di epoca etrusca. La necropoli fu utilizzata dall’VIII al III secolo a. C. Al periodo di massimo sviluppo (VI-V secolo a.C) risale la pianificazione della necropoli a isolati, definiti da strade tra loro ortogonali e occupati da tombe del tipo “a dado”, secondo una rigida disposizione che riflette un’organizzazione sociale di tipo egualitaria.

Ogni sepoltura era riservata a singole famiglie identificate dal nome del capofamiglia inciso sull’architrave, che svela la presenza anche di cittadini stranieri ad Orvieto, sempre più cosmopolita. Forme di ostentazione della ricchezza raggiunta da un largo strato di cittadini sono, infine, espresse dai lussuosi oggetti di corredo, acquistati sul mercato greco-orientale.

Poco distante dalla Necropoli, all’estremità settentrionale della città, vicino al Pozzo di San Patrizio, si trova il tempio etrusco del Belvedere. Si tratta del monumento meglio conservato della Orvieto etrusca e da sempre considerato uno degli esempi “canonici” dell’architettura sacra di quel periodo. Il tempio è oggi parte del Parco Archeologico e Ambientale dell’Orvietano (PAAO), un progetto volto alla valorizzazione del patrimonio archeologico in relazione alle numerose risorse naturalistiche. Dell’edificio sono anche visitabili le numerose terrecotte architettoniche di eccezionale qualità che lo decoravano, esposte sia al Museo Claudio Faina che al Museo Archeologico Nazionale di Orvieto.
Del tempio, scoperto nel 1828 a seguito dei lavori per la realizzazione della via Cassia Nuova, sono conservati i muri e i tagli di fondazione che restituiscono una pianta dell’edificio articolata in un pronao (la parte anteriore) con quattro colonne sulla fronte, dietro cui si apre un ambiente a tre celle affiancate, con la centrale più ampia delle laterali.

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