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La Rocca di Cellere
Nell’anno 1308 – secondo quanto riportato dallo storico locale Francesco Turriozzi nelle sue “Memorie historiche di Tuscania” (1778) – ne risultava infatti feudatario “Nicola di Cellere, figlio di Ranuccio di Pepone ….. dei signori Farnese” che, insieme ai vicini borghi di Canino e Musignano, si ribellava apertamente al tentativo del libero Comune di Tuscania di allargare in quelle terre i propri possedimenti, con azione di guerra riuscita grazie all’appoggio delle milizie del Campidoglio in aiuto ai tuscanesi. Una significativa, seppure non decisiva, indicazione di tali origini della Rocca può essere costituita dal portale d’ingresso che denota chiaramente la primitiva forma (in seguito modificata) dell’arco ogivale, o archiacuto, conosciuto anche come gotico in riferimento all’omonimo stile architettonico ampiamente diffuso nel Medioevo a partire appunto dal sec. XII. Si può ritenere che l’edificazione sia avvenuta in vari tempi (come suggeriscono le differenze riscontrabili in diverse parti delle pareti esterne) a ridosso di una preesistente torre quadrata notevolmente sviluppata in altezza, eretta per funzioni di avvistamento e difesa del primigenio “fundus” agricolo specialmente dalle invasioni saracene verificatesi nel periodo compreso tra il sec. VIII e il sec. XI.
ll fundus è denominato Cellules in una Cartula venditionis redatta in Massa Mustiba (Chiusi) nel marzo dell’anno 738 e successivamente Cellule in un Libellus del maggio 1076 scritto nel borgo di Callemala, stazione della Via Francigena in Val di Paglia allora proprietà dell’Abbazia benedettina di S. Salvatore (Monte Amiata).
La Rocca rappresentava la naturale evoluzione del concetto medievale di difesa degli insediamenti abitativi dalle insidie dei nemici esterni.
Fondata su di un banco di tufo litoide ed eretta con grandi blocchi squadrati dello stesso materiale, la struttura si presentava appunto arroccata, cioè fortificata e separata da una tagliata artificiale dalle altre abitazioni alle quali era al contempo collegata da un ponte ( Ponte della Rocca).
E’ presumibile che la sua posizione, come di norma avviene per le strutture difensive medievali, dovesse permettere il controllo dall’alto dell’ingresso al castrum.
L’insediamento, inizialmente era limitato al nucleo più antico delle costruzioni erette in zona Ripa e Cojaja nell’estremo lembo dello sperone di tufo, presentava in epoca medievale le caratteristiche del castello, circoscritto dal breve cerchio delle abitazioni che costituivano esternamente le mura castellane. Nell’anno 1537 Cellere, insieme ad altri antichi possedimenti della casa Farnese nella zona, entra a far parte del Ducato di Castro costituito da Papa Paolo 111 (Alessandro Farnese senior) per donarlo al figlio Pierluigi il Giovane, che da quella data diventa primo Duca di Castro fino alla morte violenta avvenuta nel 1547 per mano di congiurati a Piacenza, altro Ducato donatogli dal padre. Benedetto Zucchi ( Potestà di Cellere e Pianiano nell’anno 1597) nella sua “Informazione e cronaca della città di Castro e di tutto lo stato suo” (1630), visitando e descrivendo per incarico della stessa Casa Farnese tutti i castelli appartenenti allo Stato di Castro, riferisce che Cellere “ il quale si conosce per essere stato anticamente un poco luogo rinchiuso da una porta sola, dal tempo del Duca Pierluigi [Farnese] in qua si è fatto un borgo fuori, che viene ad essere quasi tre volte che non è il dentro, cioè il castello vecchio”. Lo sviluppo, avvenuto nella direzione che più si prestava cioè lungo il crinale tufaceo esterno, deve aver comportato la chiusura del primitivo ingresso al castrum (mediante una costruzione di completamento che denota ancora oggi una evidente discontinuità tra gli imponenti basamenti della Rocca e della Chiesa Parrocchiale) e la realizzazione del portale di accesso nel luogo dove attualmente si trova, in collegamento diretto con il nuovo borgo rinascimentale. La Rocca continuava a mantenere comunque la funzione di arce, principale struttura difensiva dell’insediamento. Nelle sue stanze hanno soggiornato i primi Duchi di Castro: Pierluigi Farnese e Girolama Orsini, uniti in matrimonio nel 1519 ad ulteriore suggello dell’antica unione (politica) tra le due potenti famiglie, già precedentemente sancita nel 1489 dal matrimonio di Giulia Farnese “La bella” (sorella dell’allora Cardinale Alessandro Farnese eletto papa Paolo III il 13 ottobre 1534) con Orsino Orsini Duca di Bassanello soprannominato Monoculus Orsinus perché orbo di un occhio. Lo studioso Fabiano T. Fagliari Zeni Buchicchio nel suo intervento “Metodi di ricerca e prospettive di utilizzo delle fonti d’archivio sulle opere sangallesche nel Ducato di Castro ”(pubblicato in “All’ombra di sa’ gilío a celerí di farnesi “ – Cellere, 1991) riporta che “II 14 aprile 1524, proprio nella saletta media della Rocca di Cellere, la stessa Gerolama Orsini, moglie di Pierluigi Farnese e quindi nuora del cardinale Alessandro Farnese vende 10 giovenchi bufalini indomìti a Luchino di mastro Petrono lombardo abitante a Valentano per il prezzo di 100 fiorinì “.
Lo Zucchi, nell’opera citata, fa riferimento anche ad una Rocca “fatta all’antica, nella quale risiede il Castellano il quale ha cura dell’esigenza di Tessennano e di Arlena e di Pianiano, oltre a quella di Cellere “. Ciò conferma che la trasformazione da edificio prettamente fortificato a palazzo residenziale, presumibilmente avvenuta intorno al Cinquecento in analogia con altre residenze dei Farnese nella zona, non abbia significativamente inciso sulle caratteristiche strutturali massicce ed essenziali della Rocca, che è rimasta nel tempo fatta all’antica senza le preziose variazioni stilistiche proprie del Rinascimento, con l’unica aggiunta di una loggia esterna coperta.
La Rocca costituiva il principale edificio “camerale” della Castellanìa di Cellere, che la Reverenda Camera Apostolica concedeva abitualmente dapprima ad Affittuari e in seguito, con la introduzione del più vantaggioso istituto della “ enfiteusi ” (chirografo 26 Novembre 1788 di papa Pio VI), ad Enfiteuti quali i marchesi Casali Patriarca (1788), i conti di Bisenzo, i Borgia, i Poggi e i Rem-Picci, il marchese Francesco Brancadoro (1833), i Conti Macchi che ne hanno esercitato il diritto dal 1834 fino al 1920 ricevendo nell’anno 1858 il titolo di Conti di Cellere e assumendo la definitiva denominazione di Conti Macchi di Cellere. Un illustre rappresentante di questa casata, il Conte Vincenzo Macchi di Cellere, ha ricoperto la carica di Ambasciatore di S.M. il Re d’Italia a Washington negli anni 1913 – 1919. In quel periodo egli donò agli Stati Uniti d’America il cosiddetto “Codice Cellere” (Cellere Codex) custodito presso il Pier Point Morgan Library di New York. Rinvenuto nel 1909 negli archivi della famiglia Macchi di Cellere, esso costituisce il diario di bordo, ovvero il rapporto scritto da Giovanni da Verrazzano per il re Francesco I di Francia, a seguito del viaggio effettuato presso le “Indie”. ll Cellere Codex rappresenta in un certo senso l’atto di nascita della città di New York, poiché la nave “Delfina” di Giovanni da Verrazzano navigò lungo le coste dell’America settentrionale gettando per prima le ancore nella Baia ove sorgerà poi New York. In un documento inedito dell’anno 1805, rinvenuto presso l’ Archivio di Stato di Viterbo, ” l’amministrazione di questa Castellanìa di Cellere ……. attesa la renuncia fattane dal Nobil Uomo Sig.re Carlo Conte di Bisenzo ultimo Enfiteuta” dispone l’esecuzione di un inventario dei beni camerali da parte del Notaio incaricato Francesco Balestrieri per poter procedere alla assegnazione ad altro Enfiteuta. Ne risulta una descrizione minuziosa e particolareggiata della Rocca di Cellere così come si presentava a quel tempo. I locali e le caratteristiche dei piani originari sono rimasti praticamente identici. Poiché la Rocca non veniva abitata dagli Enfiteuti, l’edificio veniva adibito a “granaro”, deposito di frumento prodotto nelle terre della castellanìa, e come tale è rimasto in uso fino a tempi più recenti. Un granaio vero e proprio era anche l’immobile posto dirimpetto al portone della Rocca (al quale si accede dallo stesso cortile esterno d”ingresso) denominato anticamente per qualche recondita ragione “Casa del Diavolo”. La sostanziale differenza che può essere oggi riscontrata con quella descrizione riguarda l’ultimo piano, ricavato sotto il tetto verosimilmente con un intervento dell’anno 1911 (come risulta da una scritta nella parte superiore della facciata principale) che ha comportato un conseguente ridimensionamento della torre e ha fatto il posto a civili abitazioni utilizzate fino ad oltre la metà del decorso sec. XX.
Il recente acquisto da parte del Comune di Cellere ha permesso un importante restauro conservativo, il consolidamento della struttura messa a dura prova dal tempo e dall’incuria, la riedificazione della torre anche se probabilmente con minore sviluppo rispetto all’altezza originaria.
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